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Orecchini Cavallo in Argento 925

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La primissima forma di addomesticazione del cavallo risale all’alba dei tempi: il contatto iniziale con i cacciatori-raccoglitori preistorici, per i quali il cavallo era una semplice preda come altre. Inutile dire che in breve tempo le cose cambiarono; quando l’uomo capì di trovarsi di fronte a un animale che, se ammaestrato, poteva diventare sufficientemente docile da farsi cavalcare, la storia non fu più la stessa. 

 

I primi allevatori poterono giovarsi non solo della sua forza fisica o della sua agilità, ma anche di un forte e inatteso legame affettivo che fino ad allora erano riusciti a dare soltanto i «cani-lupi». D’altra parte, il cavallo dimostrò da subito di poter essere utile all’uomo anche nelle più disparate attività, dalla caccia alla guerra, dall’allevamento all’agricoltura, diventando ben presto compagno e custode dell’uomo, tanto nel lavoro quanto in battaglia.

Non risulta difficile capire, a questo punto, come per gli uomini antichi il cavallo doveva per forza accogliere in sé connotati divini: animale tipicamente sciamanico, il cavallo divenne da subito messaggero dell’Aldilà, uno spirito ausiliario ed estatico con cui intraprendere viaggi mistici e non risulta strano che nella cultura classico-romana fosse sempre un cavallo, a trainare il «carro del cielo» condotto da Apollo, Mithra o dal profeta Elia.

I primi popoli storici a introdurne l’uso in maniera consistente furono gli indoeuropei Ittiti, che li importarono dall’Eurasia fino in Mesopotamia. A seguire Assiri, Babilonesi ed Egizi diedero il via con una cura tutta particolare ai primi «incroci», in cerca di nuove specie dalle caratteristiche più utili ai casi specifici: fu così che il cavallo divenne ben presto diverso da com’era stato un tempo, selvaggio, libero ed effettivamente molto più piccolo.

Secoli di selezione crearono nuove specie dotate di forza e velocità, sempre più maestosi, intelligenti e tuttavia docili ai comandi.  


Lungi dal rivestire il ruolo di meri strumenti da lavoro, cavalli sempre più «puri» divennero protagonisti di un particolare rapporto di simbiosi con l’uomo, contraddistinto da fedeltà e dedizione, tanto nelle attività quotidiane quanto nelle imprese di guerra più pericolose. Fu proprio l’utilizzo bellico che portò il valore del cavallo e la sua considerazione sociale all’apice anche presso Greci e Romani, come ben dimostrano le numerose opere epiche ed artistiche ed in tal senso la leggenda omerica del Cavallo di Troia parla chiaro.

E così il nobile animale, accompagnando le gesta del suo cavaliere alla stregua di uno spirito protettore, finì immortalato nell’arte di tutti i popoli antichi: inciso su bassorilievi, scolpito nel marmo e colato nel bronzo, dipinto sulle pareti e sul vasellame.

Nella cultura guerriera, tanto barbarica quanto classica, il cavallo è un tutt’uno con il suo cavaliere, perché è anch’esso artefice delle vittorie di quest’ultimo, oltre che suo quotidiano compagno di battaglie. Questo stretto e continuo fenomeno di antropizzazione portò presto a riconoscere nel cavallo, come del resto anche in altri animali, vizi e virtù degli uomini. Il greco Artemidoro, vissuto nel II sec d.C, nella sua Oneirocritica scriveva che sognare di «montare un cavallo da corsa che obbedisce bene alle redini e al cavaliere» fosse un presagio favorevole di una futura unione in matrimonio con una donna.  

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